UN PROGETTO DI ORGANIZZAZIONE ANARCHICA

Errico Malatesta



Capita per caso nelle mie mani (si sa che oggi in Italia la stampa non fascista non può circolare) un opuscolo in francese dal titolo "Plateforme d'organisation de l'Union générale des anarchistes (Projet)", che tradotto in italiano significa: Progetto del Programma d'organizzazione dell'Unione generale degli anarchici.

È un progetto di organizzazione anarchica, pubblicato in nome di un "Gruppo di anarchici russi all'estero", che sembra diretto più specialmente ai compagni russi. Ma esso tratta di questioni che interessano egualmente tutti gli anarchici; ed è d'altronde evidente, anche per la lingua in cui è stato scritto, ch'esso ricerca l'adesione dei compagni di tutti i paesi. In ogni modo vale la pena di esaminare, per i russi come per tutti, se la proposta avanzata è in armonia coi principi anarchici e quindi se la sua realizzazione servirebbe realmente la causa dell'anarchismo.

L'anarchismo e l'organizzazione

I motivi dei compagni proponenti sono eccellenti. Essi giustamente lamentano il fatto che finora gli anarchici non hanno avuto e non hanno sugli avvenimenti politico-sociali un'influenza proporzionata al valore teorico e pratico delle loro dottrine nonché al loro numero, al loro coraggio, al loro spirito di sacrificio, e pensano che la ragione principale di questo relativo insuccesso sia la mancanza di un'organizzazione vasta, seria, fattiva.

E fin qui, in massima, io potrei essere d'accordo.

L'organizzazione, che poi non è altro che la pratica della cooperazione e della solidarietà, è condizione naturale, necessaria della vita sociale: è un fatto ineluttabile che s'impone a tutti, tanto nella società umana in generale, quanto in qualsiasi gruppi di persone che hanno uno scopo comune da raggiungere. Non volendo e non potendo l'uomo vivere isolato, anzi non potendo esso diventare veramente uomo e soddisfare i suoi bisogni materiali e morali se non nella società e colla cooperazione dei suoi simili, avviene fatalmente che quelli che non hanno i mezzi o la coscienza abbastanza sviluppata per organizzarsi liberamente con coloro con cui hanno comunanza d'interessi e di sentimenti, subiscono l'organizzazione fatta da altri individui, generalmente costituiti in classe o gruppo dirigente, allo scopo di sfruttare a proprio vantaggio il lavoro degli altri. E l'oppressione millenaria delle masse da parte di un piccolo numero di privilegiati è stata sempre la conseguenza della incapacità della maggior parte degl'individui di accordarsi, di organizzarsi con gli altri lavoratori per la produzione, per il godimento e per la eventuale difesa contro chi volesse sfruttarli ed opprimerli. 

Per rimediare a questo stato di cose è sorto l'anarchismo, il cui principio fondamentale è l'organizzazione libera, fatta e mantenuta dalla libera volontà degli associati senza nessuna specie di autorità, cioè senza che nessuno abbia il diritto di imporre agli altri la propria volontà. Ed è quindi naturale che gli anarchici cerchino di applicare nella loro vita privata e di partito quello stesso principio, su cui, secondo loro, dovrebbe essere fondata tutta quanta la società umana. 

Da certe polemiche può sembrare che vi siano degli anarchici refrattari ad ogni organizzazione; ma in realtà le molte, le troppe discussioni che si fanno tra noi sull'argomento, anche se oscurate da questioni di parole, o avvelenate da questioni personali, in fondo riguardano il modo e non già il principio di organizzazione. Così avviene che dei compagni, che a parole sono i più avversi all'organizzazione, quando vogliono davvero fare qualche cosa, si organizzano come, e spesso meglio degli altri. La questione, ripeto, sta tutta nel modo. 

Io dunque non potrei che guardare con simpatia l'iniziativa di quei compagni russi, convinto come sono che un'organizzazione più generale, più affiatata, più costante di quante sono state finora realizzate dagli anarchici, se pure non riuscisse ad eliminare tutti gli errori e tutte le deficienze inevitabili forse in un movimento come il nostro, che precorre di tanto i tempi e che perciò si dibatte tra l'incomprensione, l'indifferenza e spesso la ostilità della maggioranza, sarebbe indubbiamente un elemento importante di forza e di successo, un mezzo potente per far valere le nostre idee.

Io credo soprattutto necessario, urgente, che gli anarchici s'intendano, si organizzino il più ed il meglio possibile per influire sulla via che seguono le masse nelle loro lotte per i miglioramenti e l'emancipazione. 

Oggi la più grande forza di trasformazione sociale è il movimento operaio (movimento sindacale), e dal suo indirizzo dipende in gran parte il corso che prenderanno gli avvenimenti e la meta a cui arriverà la prossima rivoluzione. Per mezzo delle organizzazioni, fondate per la difesa dei loro interessi, i lavoratori acquistano la coscienza dell'oppressione in cui giacciono e dell'antagonismo che li divide dai loro padroni, incominciano ad aspirare ad una vita superiore, si abituano alla lotta collettiva ed alla solidarietà, e possono riuscire a conquistare quei miglioramenti che sono compatibili con la persistenza del regime capitalistico e statale. Dopo, quando il conflitto diventa insanabile, viene o la rivoluzione, o la reazione. Gli anarchici debbono riconoscere 1'utilità e l'importanza del movimento sindacale, debbono favorirne lo sviluppo, e farne una delle leve della loro azione, facendo tutto quello che possono perché esso, in cooperazione colle altre forze di progresso esistenti, sbocchi in una rivoluzione sociale che porti alla soppressione delle classi, alla libertà totale, all'eguaglianza, alla pace ed alla solidarietà fra tutti gli esseri umani. Ma sarebbe una grande e letale illusione il credere, come fanno molti, che il movimento operaio possa e debba da se stesso, in conseguenza della sua stessa natura, menare ad una tale rivoluzione. Al contrario, tutti i movimenti fondati sugl'interessi materiali ed immediati (e non si può fondare su altre basi un vasto movimento operaio), se manca il fermento, la spinta, l'opera concertata degli uomini d'idee, che combattono e si sacrificano in vista di un ideale avvenire, tendono fatalmente ad adattarsi alle circostanze, fomentano lo spirito di conservazione e la paura di cambiamenti in quelli che riescono ad ottenere condizioni migliori, e finiscono spesso col creare nuove classi privilegiate e servire a far sopportare e consolidare il sistema che si vorrebbe abbattere. 

Di qui la necessità impellente di organizzazioni prettamente anarchiche che dentro, come fuori dei sindacati lottino per la realizzazione integrale dell'anarchismo e cerchino di sterilizzare tutti i germi di degenerazione e di reazione. 

Ma è evidente che per conseguire i loro scopi le organizzazioni anarchiche debbono essere, nella loro costituzione e nel loro funzionamento, in armonia coi principi dell'anarchismo, e cioè che non siano in nessun modo inquinate da spirito autoritario, che sappiano conciliare la libera azione degl'individui con la necessità ed il piacere della cooperazione, che servano a sviluppare la coscienza e la capacità d'iniziativa dei loro membri, e siano un mezzo educativo per l'ambiente in cui operano ed una preparazione morale e materiale per l'avvenire che desideriamo.

Risponde il progetto in discussione a questi requisiti?

A me pare di no. Secondo me, esso, invece di fare nascere negli anarchici un maggior desiderio di organizzarsi, sembra fatto apposta per avvalorare il pregiudizio di quei compagni i quali credono che organizzarsi significa sottomettersi a dei capi e aderire ad un organismo autoritario, accentratore, soffocatore di ogni libera iniziativa. Ed infatti in esso sono espressi appunto quei propositi che alcuni, contro la verità evidente e malgrado le nostre proteste, si ostinano ad attribuire a tutti gli anarchici qualificati organizzatori.

Una sola o diverse organizzazioni anarchiche?

Esaminiamo.

Prima di tutto a me pare sbagliata - ed in tutti i casi irrealizzabile - l'idea di riunire tutti gli anarchici in una "Unione generale", cioè, come dice il Progetto, in una sola collettività rivoluzionaria attiva.

Noi anarchici possiam dirci tutti dello stesso partito, se colla parola partito s'intende l'insieme di tutti coloro che stanno dalla stessa parte, che hanno cioè le stesse aspirazioni generali e che in un modo o nell'altro lottano per lo stesso scopo contro avversari e nemici comuni. Ma ciò non vuol dire che sia possibile - e forse nemmeno desiderabile - il riunirci tutti in una stessa determinata associazione. Troppe sono le differenze di ambiente e le condizioni della lotta, troppi i modi possibili di azione che l'uno o l'altro preferisce, troppe anche le differenze di temperamento e le incompatibilità personali, perché una Unione generale, se presa sul serio, non diventi, anziché un mezzo per coordinare e sommare gli sforzi di tutti, un ostacolo alla attività individuale e forse anche una causa di più aspre lotte intestine. Così per esempio, come si potrebbe organizzare nello stesso modo e collo stesso personale un'associazione pubblica fatta per la propaganda e l'agitazione in mezzo alle masse, ed una società segreta costretta dalle condizioni politiche del paese in cui lavora a nascondere al nemico i suoi propositi, i suoi mezzi, il suo personale? Come potrebbero adottare la stessa tattica gli educazionisti, i quali credono che basti la propaganda e l'esempio di alcuni per trasformare gradualmente gli individui e quindi la società, ed i rivoluzionari, i quali son convinti della necessità di abbattere colla violenza uno stato di cose che si regge per violenze e creare, contro la violenza degli oppressori le condizioni necessarie al libero esercizio della propaganda ed all'applicazione pratica delle conquiste ideali? E come tenere insieme delle persone che per ragioni particolari non si amano e non si stimano, e nulla meno possono essere egualmente buoni ed utili militanti dell'anarchismo?

D'altronde gli stessi autori del Progetto (Plateforme) dichiarano "inetta" l'idea di creare un'organizzazione che riunisca i rappresentanti delle diverse tendenze dell'anarchismo. Una tale organizzazione, essi dicono, "incorporando degli elementi teoricamente e praticamente eterogenei non sarebbe che un'accozzaglia (assemblage) meccanica d'individui che concepiscono in una maniera differente tutte le questioni riguardanti il movimento anarchico e si disgregherebbe infallibilmente appena messa alla prova dei fatti e della vita reale".

Sta benissimo. Ma allora, se essi riconoscono l'esistenza di anarchici di altre tendenze, dovranno pur lasciare a questi il diritto di organizzarsi a loro volta e di lavorare per l'anarchia nel modo che credono migliore. O pretenderanno di mettere fuori dell'anarchismo, di scomunicare, tutti coloro che non accettano il loro programma? Essi dicono bensì di voler raggruppare in una sola organizzazione tutti gli elementi sani del movimento libertario; e naturalmente avran tendenza a giudicare sani solo quelli che pensano come loro. Ma che ne faranno degli elementi non sani?

Certamente vi sono tra quelli che si dicono anarchici come in ogni collettività umana, elementi di vario valore; e quel che è peggio, vi è chi mette in giro in nome dell'anarchia delle idee che hanno con l'anarchismo una ben dubbia affinità. Ma come evitarlo? La verità anarchica non può e non deve diventare il monopolio di un individuo o di un comitato, né può dipendere dalle decisioni di maggioranze vere o fittizie. È necessario solo - ed è sufficiente - che tutti abbiano, ed esercitino, la più ampia liberta di critica, e che ciascuno possa sostenere le proprie idee e scegliersi i propri compagni. I fatti giudicheranno poi in ultima istanza, e daranno ragione a chi l'ha.

L'anarchismo e la responsabilità collettiva.

Lasciamo dunque l'idea di riunire tutti gli anarchici in una sola organizzazione, e consideriamo questa Unione generale che ci propongono i russi per quello che essa realmente sarebbe, cioè l'Unione di una certa frazione di anarchici; e vediamo se il modo di organizzazione proposto è conforme ai principi ed ai metodi anarchici e se potrebbe perciò giovare al trionfo dell'anarchia.

Ancora una volta, a me pare di no.

Io non dubito dei sinceri propositi anarchici di quei compagni russi: essi vogliono realizzare il comunismo anarchico e cercano il modo di giungervi al più presto possibile. Ma non basta volere una cosa: bisogna anche adoperare i mezzi opportuni, così come quando si vuol andare in un luogo bisogna prendere la via che vi conduce, altrimenti si giunge in tutt'altro luogo. Così la loro organizzazione essendo tipicamente autoritaria, ben lungi dal facilitare il trionfo del comunismo anarchico, a cui essi aspirano, non potrebbe che falsare lo spirito anarchico e portare a conseguenze contrarie alle loro intenzioni.

Infatti, la loro Unione generale consisterebbe di tante organizzazioni parziali che avrebbero dei segretariati che ne dirigono ideologicamente l'opera politica e tecnica; e per coordinare l'attività di tutte le organizzazioni aderenti vi sarebbe un Comitato esecutivo dell'Unione, incaricato della esecuzione delle decisioni prese dall'Unione e "della condotta ideologica e organizzativa delle organizzazioni conformemente all'ideologia ed alla linea tattica generale dell'Unione".

È anarchico questo? Questo, secondo me, è un governo ed una chiesa. Mancano, è vero, la polizia e le baionette, come mancano i fedeli disposti ad accettare l'ideologia dettata, ma ciò vuol dire semplicemente che il loro governo sarebbe un governo impotente ed impossibile, e la loro chiesa sarebbe un vivaio di scismi e di eresie. Lo spirito, la tendenza resta autoritaria e l'effetto educativo sarebbe sempre antianarchico.

Sentite se non è vero.

"L'organo esecutivo del movimento libertario generale - l'Unione anarchica- introduce nei suoi ranghi il principio della responsabilità collettiva; tutta l'Unione sarà responsabile dell'attività rivoluzionaria e politica di ogni membro; e ciascun membro sarà responsabile dell'attività rivoluzionaria e politica dell'Unione".

E dopo questo, che è la negazione assoluta di ogni indipendenza individuale e di ogni libertà d'iniziativa e di azione, i proponenti, ricordandosi di essere anarchici, si dicono federalisti e tuonano contro la centralizzazione "i cui risultati inevitabili - dicono - sono l'asservimento e la meccanizzazione della vita sociale e di quella dei partiti".

Ma se l'Unione è responsabile di quello che fa ciascun membro, come può lasciare ai singoli membri ed ai vari gruppi la libertà di applicare il programma comune nel modo che crede migliore? Come si può essere responsabile di un atto se non si ha la facoltà d'impedirlo? L'Unione dunque, e per essa il Comitato esecutivo, dovrebbe sorvegliare l'azione dei singoli membri e prescrivere loro quello che debbono fare o non fare; e poiché la disapprovazione dopo il fatto non può sanare la responsabilità previamente accettata, nessuno potrebbe fare alcunché prima di avere ottenuto il benestare, il permesso del comitato. E d'altra parte, può un individuo accettare la responsabilità delle azioni di una collettività prima di sapere quello che essa farà e se non può impedire ad essa di fare ciò che egli disapprova?

Di piú, gli autori del Progetto dicono che è l'"Unione" che vuole e dispone. Ma quando si dice volontà dell'Unione, s'intende forse la volontà di tutti i suoi membri? In tal caso, perché l'Unione potesse funzionare bisognerebbe che tutti avessero sempre e su tutte le questioni la stessa e medesima opinione. Ora, se è naturale che tutti sieno d'accordo sui principi generali e fondamentali, perché altrimenti non si sarebbero o non resterebbero uniti, non si può supporre che degli esseri pensanti sieno tutti e sempre dello stesso parere su quello che conviene fare in tutte le varie circostanze e sulla scelta delle persone a cui affidar le cariche esecutive e direttive.

L'anarchismo e il principio maggioritario.

In realtà - come risulta dallo stesso testo del Progetto - per volontà dell'Unione non può intendersi che la volontà della maggioranza, espressa per mezzo di congressi, che nominano e controllano il Comitato esecutivo e decidono su tutte le questioni importanti. I congressi, naturalmente, sarebbero composti da rappresentanti eletti dalle maggioranze dei gruppi aderenti, e questi rappresentanti deciderebbero sul da farsi, sempre a maggioranza di voti. Dunque, nella migliore delle ipotesi, le decisioni sarebbero prese della maggioranza di una maggioranza, la quale poi può benissimo, specie quando le opinioni in contrasto sono più di due, non rappresentare che una minoranza.

V'è da osservare inoltre che, date le condizioni in cui vivono e lottano gli anarchici, i loro congressi sono anche meno realmente rappresentativi di quello che sieno gli stessi parlamenti borghesi, ed il loro controllo sugli organi esecutivi, se questi hanno poteri autoritari, difficilmente riesce tempestivo ed efficace. Ai congressi anarchici va, in pratica, chi vuole e chi può, chi ha o trova i denari necessari e non ne è impedito da misure poliziesche; vi va tanto chi rappresenta solo se stesso o un piccolo numero di amici, quanto chi porta realmente le opinioni e i desideri di una numerosa collettività. E salvo le precauzioni da prendere contro i traditori e le spie anzi a causa stessa di quelle necessarie precauzioni è impossibile una seria verifica dei mandati e del loro valore.

In ogni modo siamo in pieno sistema maggioritario, in pieno parlamentarismo.

È risaputo che gli anarchici non ammettono il governo della maggioranza (democrazia), come non ammettono il governo di pochi (aristocrazia, oligarchia, o dittatura di classe e di partito), né quello di un solo (autocrazia, monarchia, o dittatura personale).

Gli anarchici hanno fatto mille volte la critica del cosiddetto governo della maggioranza, che poi del resto, nell'applicazione pratica, conduce sempre al dominio di una piccola minoranza.

Bisognerà rifarla ancora per uso dei nostri compagni russi? Certamente gli anarchici riconoscono che nella vita in comune è spesso necessario che la minoranza si conformi al parere della maggioranza. Quando c'è bisogno od utilità evidente di fare una cosa ed occorre per farla il concorso di tutti, i meno debbono sentire la necessità di adattarsi al volere dei più. Ed in generale, per vivere insieme pacificamente e in regime d'eguaglianza, è necessario che tutti sieno animati da uno spirito di concordia, di tolleranza, di arrendevolezza. Ma questo adattamento di una parte degli associati all'altra parte deve essere reciproco, volontario, derivante dalla coscienza della necessità e dal buon volere di ciascuno di non paralizzare con la sua ostinatezza la vita sociale; e non già essere imposto come principio e come norma statutaria. È questo un ideale che forse nella pratica della vita sociale generale sarà difficile a raggiungere in modo assoluto, ma è certo che in ogni aggruppamento umano si è tanto più vicini all'anarchia quanto più l'accordo tra maggioranza e minoranza è libero e spontaneo e scevro da ogni imposizione diversa da quella che deriva dalla natura delle cose.

Dunque, se gli anarchici negano il diritto della maggioranza a governare nella società umana generale in cui l'individuo è pur costretto ad accettare certe restrizioni, perché non può isolarsi senza rinunziare alle condizioni di una vita umana, e vorrebbero che tutto si facesse per libero accordo fra tutti, come mai sarebbe possibile che essi adottino il governo della maggioranza nelle loro associazioni essenzialmente libere e volontarie e comincino col dichiarare che si sottoporrano ai deliberati della maggioranza ancora prima di sapere quali essi saranno?

Si comprende che i non anarchici trovino che l'Anarchia, cioè l'organizzazione libera senza dominio della maggioranza sulla minoranza o viceversa, sia un'utopia irrealizzabile o realizzabile solo in un lontanissimo avvenire, ma è inconcepibile che chi professa idee anarchiche e vorrebbe fare l'Anarchia, o almeno avviarsi seriamente alla sua realizzazione, oggi piuttosto che domani, rinneghi i principi fondamentali dell'anarchismo, nell'atto stesso in cui si propone di combattere per il suo trionfo. 

Le basi dell'organizzazione anarchica.

Un'organizzazione anarchica deve essere fondata, secondo me, su basi ben diverse, da che si propongono quei compagni russi. 

Piena autonomia, piena indipendenza, e quindi piena responsabilità, degl'individui e dei gruppi; accordo libero tra quelli che credono utile unirsi per cooperare ad uno scopo comune; dovere morale di mantenere gl'impegni presi e di non far nulla che contraddica al programma accettato. Su queste basi si adottano poi le forme pratiche, gli strumenti adatti per dar vita reale all'organizzazione. Quindi i gruppi, le federazioni di gruppi, le federazioni di federazioni, le riunioni, i congressi, i comitati incaricati della corrispondenza o altro. Ma tutto questo deve esser fatto liberamente, in modo da non inceppare il pensiero e l'iniziativa dei singoli, e solo per dare maggiore portata agli sforzi che, isolati, sarebbero impossibili o di poca efficacia.

Così i congressi in un'organizzazione anarchica, pur soffrendo come corpi rappresentativi di tutte le imperfezioni che non fanno la legge, non impongono agli altri le proprie deliberazioni. Essi servono a mantenere ed aumentare i rapporti personali fra i compagni più attivi, a riassumere e fomentare gli studi programmatici sulle vie e sui mezzi d'azione, a far conoscere a tutti le situazioni delle diverse regioni e l'azione che più urge in ciascuna di esse, a formulare le varie opinioni correnti tra gli anarchici e farne una specie di statistica - e le loro decisioni non sono regole obbligatorie, ma suggerimenti, consigli, proposte da sottoporre a tutti gl'interessati, e non diventano impegnative ed esecutive se non per quelli che le accettano e finché le accettano. Gli organi amministrativi che essi nominano - Commissione di corrispondenza, ecc. - non hanno nessun potere direttivo, non prendono iniziative se non per conto di chi quelle iniziative sollecita ed approva e non hanno nessuna autorità per imporre le proprie vedute che essi possono certamente sostenere e propagare come gruppi di compagni, ma non possono presentare come opinione ufficiale dell'organizzazione. Essi pubblicano le risoluzioni dei congressi e le opinioni e le proposte che gruppi e individui comunicano loro; e servono, per chi se ne vuol servire, a facilitare le relazioni fra i gruppi e la cooperazione tra quelli che son d'accordo sulle varie iniziative: libero chi crede di corrispondere direttamente con chi vuole, O di servirsi di altri comitati nominati da speciali aggruppamenti. 

In un'organizzazione anarchica i singoli membri possono professare tutte le opinioni e usare tutte le tattiche che non sono in contraddizione coi principi accettati e non nuocciono all'attività degli altri. In tutti i casi una data organizzazione dura fino a che le ragioni di unione sono superiori alle ragioni di dissenso: altrimenti si scioglie e lascia luogo ad altri aggruppamenti più omogenei. 

Certo la durata, la permanenza di un'organizzazione è condizione di successo nella lunga lotta che dobbiamo combattere e d'altronde è naturale che qualunque istituzione aspira, per istinto, a durare indefinitamente. Ma la durata di una organizzazione libertaria deve essere la conseguenza dell'affinità spirituale dei suoi componenti e dell'adattabilità della sua costituzione ai continui cambiamenti delle circostanze: quando non è più capace di compiere una missione utile meglio che muoia.

PER CONCLUDERE

Quei compagni russi troveranno forse che una organizzazione quale io la concepisco, e quale si è, più o meno bene, fatta in varie epoche, è poco efficace.

Comprendo. Quei compagni sono ossessionati dal successo che hanno avuti i bolscevichi nel loro paese, e vorrebbero, a mo' dei bolscevichi, riunire gli anarchici in una specie di esercito disciplinato, che sotto la direzione ideologica e pratica di alcuni capi marciasse compatto all'assalto dei regimi attuali e dirigesse poi a vittoria materiale ottenuta, la costituzione della nuova società. E forse è vero che con quel sistema, se fosse possibile che gli anarchici vi si prestassero e i capi fossero uomini di genio, la nostra efficienza materiale diverrebbe più grande. Ma con quali risultati? Non avverrebbe dell'anarchismo quello che è avvenuto in Russia del socialismo e del comunismo?

Quei compagni sono ansiosi di successo e noi pure lo siamo; ma non bisogna per vivere e vincere rinunciare alle ragioni della vita e snaturare il carattere della eventuale vittoria.

Noi vogliamo combattere e vincere, ma come anarchici - per l'Anarchia.

"Il Risveglio", Ginevra, 1-15 ottobre 1927


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